I bambini hanno la naturale tendenza alla vitalità.
Essa si manifesta in tantissimi modi, che spesso, a causa della loro intrinseca energia, disorientano l’adulto.
Tra i modi di fare emergere gli aspetti più vivi di sé, il più diffuso universalmente è il disegno.
Del resto, i primi tratti grafici a noi pervenuti risalgono a 40 000 anni fa, ben prima della nascita delle prime città, a testimonianza della profondità del bisogno astratto di espressione del se’.
I gesti dei bambini, con una notevole convergenza di bisogni culturali e personali sono il filo di congiunzione che ci porta direttamente ai modi di essere che vengono dal Neolitico.
Ma, al di là del significato filologico del disegno, è innegabile che esso abbia un significato personale e difficilmente traducibile in altro modo per il bimbo che l’ha creato.
Una certa psicologia popolare (la psicologia è stata una delle prime discipline a subire il perverso fascino del populismo) vorrebbe che ci fosse una corrispondenza praticamente biunivoca tra gli elementi del disegno e quelli del carattere del bambino.
C’è chi sostiene quindi che l’acqua è SICURAMENTE un simbolo della madre, che la terra è un richiamo alle feci, che le code sono simboli fallici.
Al di là della teoria in se’ autoreferenziale (che però è caratteristica ahimè comune alle psicoterapie analitiche), credo che osservare l’evento del disegnare con un’ottica del genere faccia perdere l’intenzionalità del gesto del disegno: il fine ultimo di un bambino che disegna è comunicare all’altro, alla persona disponibile a mettersi in relazione, il proprio Io più sincero, quello che esprime il suo senso del bello, della volontà, di donare all’altro, se non il disegno stesso, la sua essenza, la visione del mondo, le basi relazionali, con cui l’autore sta impostando il suo crescere.
E, d’altra parte, l’emozione che proviamo quando un bimbo mostra un disegno, credo sia ciò su cui dovremmo soffermarci, sia per sentirla con più chiarezza, sia per proporre una utile e viva educazione emotiva a colui o colei che, con la propria opera, pone di fronte a noi il suo mondo dentro un foglio.
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